E’ di questa settimana la polemica rilanciata sui giornali locali secondo i quali ci sono state lamentele di alcuni avventori del Social Market cittadino sulle date di scadenza di alcuni prodotti in distribuzione e nello stesso tempo raccoglievamo testimonianze inquietanti relativamente ai preziosi ritrovamenti che alcuni cittadini facevano all'interno dei bidoni dell’indifferenziata del centro commerciale cittadino. La foto, scattata il 12 marzo, che sopra riportiamo fa riferimento ad una confezione di uova, che faceva parte di una cassetta intera e la cosa inquietante è che la scadenza della confezione riportava il 21 marzo, quindi, abbondantemente prima della scadenza, il supermercato ha pensato bene di disfarsene. Non solo, da ulteriori informazioni raccolte sembra che sempre all'interno degli stessi bidoni, poco tempo prima erano stati trovati ben 8 kg di parmigiano reggiano sottovuoto. A livello nazionale lo ammettono tutte le catene della GDO, che è inevitabile che qualcosa finisca anche nei cassonetti, ma interrogati sulle quantità, nessuno si sbilancia. Conad parla di una «minima percentuale non monitorata» e Coop di «volume fisiologico di invenduto», mentre Esselunga si trincera dietro un elegante no comment e non rilascia dati, Auchan si limita a sottolineare genericamente di aver ottenuto ottimi livelli di differenziazione dei rifiuti. Sul tema sprechi alimentari, la Gdo preferisce non sbilanciarsi. Peccato: se è davvero così poca roba, perché nessuno vuole dire di quanto si tratta esattamente? Lungo la filiera alimentare si spreca un quantitativo di cibo che permetterebbe di sfamare due terzi della popolazione mondiale: tutto questo cibo diventa invece rifiuto ancora una volta con enormi ripercussioni ambientali oltre che economiche. Lo spreco alimentare ha conseguenze non solo etiche, economiche, sociali ma anche sanitarie e ambientali, dal momento che le enormi quantità di cibo non consumato contribuiscono fortemente al riscaldamento globale e alle carenze idriche. Per ogni kg di cibo si emettono in media 4,5 chilogrammi di CO2 : ne consegue che le 89 milioni di tonnellate di cibo sprecate in Europa producono 170 milioni di tonnellate di CO2 l'anno. Oltre alla CO2 in quanto la decomposizione dei rifiuti alimentari produce metano, gas a effetto serra 21 volte più potente del biossido di carbonio. Oltre alla CO2, enormi quantità d'acqua sono necessarie a produrre il cibo che mangiamo ogni giorno. In particolare, la produzione di carne necessita di una quantità di acqua maggiore rispetto ad altre produzioni vegetali. Per ottenere un chilo di mele sono necessari 820 litri, per un kg di mais 1.220 litri di acqua, per un chilo di riso 2.500 litri, per un chilo di pollo 4.300 litri, per un chilo di maiale 5.990 litri e per un chilo manzo ben 15.500 litri di acqua. La “sindrome consumista” è fatta tutta di velocità, eccesso e scarto» mentre noi siamo per il consumo critico che si rifà in particolare alle logiche localiste, commercio di vicinato, vendita diretta tra produttore e consumatore, tutto finalizzato ad avviare una filiera corta e recuperare il legame comunitario. «Riacquistare un senso del luogo – afferma Helena Norberg-Hodge – , osservare con attenzione e partecipare all'ambiente che ci circonda: capire l’origine di quello che mangiamo, imparare a riconoscere i cibi stagionali, le piante, gli animali. Si deve riscoprire il senso della comunità e ricostruire un legame con il luogo nel quale si vive», distanziandosi così dalla deriva dell’eccesso che la Grande Distribuzione Alimentare incarna. Forse fra i direttori dei supermercati cittadini qualcuno conosce l’ammontare del cibo, non scaduto, destinato al cassonetto dei rifiuti e ci può spiegare perché ciò avviene e perché, soprattutto, non si riesca a farlo arrivare a famiglie bisognose. Aspettiamo fiduciosi.
Joselito Arcioni Portavoce M5S in Consiglio Comunale
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