domenica 22 giugno 2014

SICEL MARCHE:"A FABRIANO ESISTE IL DOVERE MORALE DI RIBELLARSI"

In un vortice di menzogne che confonde le lucciole per le lanterne e in un silenzio generale che nulla ha a che fare con la saggezza proverbiale di Salomone, alla nostra Città non rimane che pagare il conto di una gravissima connivenza portata avanti per anni da chi ha sempre evitato di attribuire le giuste responsabilità ai veri protagonisti della vicenda. Lo spezzatino è stato servito: un pezzo di stabilimento venduto in Ucraina, una parte alla Ghergo Group, un altro ad Alcool di Cerreto D’Esi, un altro ancora alla Tecnogas che poi, a sua volta ci sembra sia stato rivenduto. Una città in ginocchio, una crisi profonda che, unita alla cattiva politica del territorio non fa che accentuare la drammatica realtà: Fabriano è una città altamente tradita!  Si, perché la realtà fabrianese è quella di una città  umiliata e ingannata da un modello di sviluppo che si assicurava indistruttibile e che invece si è palesemente svelato per quello che è sempre stato e che tutti, per evidente convenienza, hanno sempre taciuto. Oggi a rompere quel silenzio sono state le banche, le stesse che per anni hanno sostenuto la Ex Antonio Merloni, anche a danno degli imprenditori più piccoli, e che ora, appellandosi alla Corte d’Appello di Ancona hanno tecnicamente resa nulla la vendita alla Jp di Giovanni Porcarelli. Come Sindacato non possiamo non essere vicini ai 700 lavoratori coinvolti in questa vicenda, ma non possiamo neppure dimenticare la triste realtà dei 1500 esodati e neppure quella legata all’indotto che conta, all’incirca, sedicimila lavoratori. Le nostre maggiori perplessità nascono proprio dall’atteggiamento passivo dei lavoratori ormai coscienti  che il sistema bancario sta di fatto togliendo loro la possibilità di avere un impiego e quindi un futuro. Siamo infatti pienamente consapevoli che alcuni di loro hanno rapporti vincolati da mutui o affidamenti instaurati con gli stessi  istituti coinvolti,  ma nel contempo siamo altrettanto certi che alcuni di loro possano non essere  immobilizzati da tali esposizioni.  E da qui nasce la nostra domanda:  “Perché lasciare i propri risparmi affidati a  quelle banche che oggi mettono a repentaglio il futuro delle loro famiglie? Perché continuare a versare soldi della cig in quelle banche che, con il pugno di ferro, hanno impugnato la vendita dell’azienda che rappresenta la loro stabilità e dignità lavorativa?”  Naturalmente siamo consapevoli  che la vendita dell’ Azienda non sia del tutto legittima ma l’attenzione principale del nostro Sindacato non può che rivolgersi verso quel territorio altamente produttivo che per anni ha contribuito ad arricchire gli stessi istituti di credito. Si vuole giocare con il pugno di Ferro? Bene, facciamolo…ma  non certamente strappando finte carte di credito davanti le banche, non è questa una vera protesta. L’unica vera ribellione  dei 700 lavoratori allargata all’intero territorio Fabrianese è quella volta a chiudere i rapporti,  laddove è possibile farlo, con quelle banche che non vogliono contribuire alla rinascita del nostro territorio. Non dimentichiamo che l’indotto conta oggi 16000 lavoratori e che decine di piccole imprese sono a rischio chiusura. Questo è il nostro personale invito rivolto  ai lavoratori e a tutta la città. Maggiore sarà l’adesione a questa “protesta bianca” e maggiore sarà l’impatto che subiranno le banche coinvolte in tale vicenda. Non parliamo di briciole ma di milioni di euro che potrebbero sensibilizzare le menti di: MONTE DEI PASCHI DI SIENA, BANCA TOSCANA, BANCA CR FIRENZE, UNICREDIT BANCA, BANCA POPOLARE DI ANCONA, CASSA DI RISPARMIO DI FABRIANO E CUPRAMONTANA, BANCA DELL'ADRIATICO. BANCA MARCHE. Il dovere morale di ribellarsi Esiste!

Sicel Marche

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