Per tre anni, dopo la morte del marito, la vedova avrebbe continuato a
riscuotere la pensione anche se non ne aveva diritto. "Non lo sapevo,
pensavo fosse una pensione di reversibilità”, ha tentato invano di
difendersi Maria S., 68 anni, residente a Falconara. Giustificazione,
quella sostenuta dalla difesa, che però non ha convinto fino in fondo il
giudice Paolo Giombetti, che ha condannato la vedova a due anni di
reclusione per il reato di truffa. Tra il 2009 e il 2012 l’Inps sarebbe rimasta all’oscuro del decesso del
pensionato a cui versava un vitalizio mensile di circa 900 euro. Gli
incroci tra le banche dati dell’anagrafe e dell’istituto previdenziali
non rilevarono anomalie e la vedova - questa è l’accusa che l’ha portata
a giudizio - ben si sarebbe guardata di comunicare all’Inps la morte
del marito. Per quasi tre anni Maria P. avrebbe continuato, puntuale
come sempre, a riscuotere la pensione utilizzando una delega che a suo
tempo gli aveva regolarmente rilasciato il marito. Solo nel 2012, come
ha testimoniato in aula una funzionaria dell’Istituto, l’Inps scoprì di
aver versato a lungo soldi a un morto e presentò un esposto alla Procura
della Repubblica, che dopo aver indagato sulla vicenda ha chiesto e
ottenuto il processo della vedova. Per la pubblica accusa infatti l’anziana ci avrebbe marciato,
continuando a riscuotere il vitalizio anche dopo il 2009. Secondo i
calcoli riportati nel capo d’imputazione, Maria S. avrebbe incassato in
questo modo truffaldino circa 35 mila euro che non dovevano uscire dalle
casse dell’Istituto di previdenza. Tutt’altra la versione della difesa,
sostenuta in aula dall’avvocato Silvia Pennucci. L’anziana avrebbe
incassato la pensione in assoluta buona fede, convinta di averne
diritto. Essendo pressoché analfabeta - è stata la tesi difensiva -
Maria S. non era in grado di distinguere tra la pensione di
reversibilità e la pensione che invece veniva erogata al marito, priva
della trasmissibilità al coniuge. “Non c’è stato dolo, mancava
l’elemento psicologico del reato”, ha chiesto l’assoluzione l’avvocato
Pennucci. Per il giudice invece l’imputata era consapevole di incassare
somme non dovute e così è arrivata una condanna, che sarà sicuramente
appellata. Casi non proprio rari, quelli di vedove che continuano a riscuotere,
anche in assenza di reversibilità, i vitalizi pagati dall’Inps a mariti
defunti. Nel 2012 finì agli arresti domiciliari un’anziana di Ercolano,
provincia di Napoli, accusata addirittura di aver truffato lo Stato per
151 mila euro ritirando per ventuno anni la pensione di invalidità del
marito già deceduto. (Il Corriere Adriatico)
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