GIOVANNI FALCONE -Palermo 18 Maggio 1939 – Capaci 23 Maggio 1992
Perché una società vada bene, si
muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello
spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i
vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani
migliore, basta che ognuno faccia il proprio dovere.
Giovanni Falcone
di Santo Della Volpe.
Il 23 maggio 1992 ci ha cambiato la
vita. È forse anche la storia di questo nostro Paese ,anche se questo
aspetto sarà tema di discussione degli studiosi. Ma la strage di Capaci,
la morte di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e degli
agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro,
fecero capire anche ai più riottosi sostenitori della tesi avversa, che
la mafia esisteva, era pericolosamente attiva e che viveva di
collusioni, omicidi e stragi, di un rapporto con la politica che l’aveva
fatta sopravvivere, anzi,prosperare in 50 anni di Repubblica. Con il
loro sacrificio, Falcone prima e Borsellino poi, suggellarono il
percorso incominciato con il maxi processo di Palermo il 10 febbraio
1986.
Cosa nostra li uccise per questo, per
aver svelato i misteri della mafia e per aver fatto condannare la cupola
mafiosa anche in Cassazione, con la sentenza definitiva che arrivò con
19 ergastoli e 2665 anni di carcere, per 475 imputanti, proprio nel
gennaio di quel 1992. È per aver rotto dall’ interno il meccanismo
dell’omertà, con Buscetta,primo collaboratore di giustizia, facendo
emergere le collusioni mafiose dei cosiddetti ” colletti bianchi” legati
alla politica , dando una spinta fortissima al reato di “concorso
esterno in associazione di tipo mafioso”, poi entrato in giurisprudenza
,anche se sempre sotto tiro da parte di quella politica della pax
mafiosa,più abituata alle assoluzioni per insufficienza di prove, che
alla ricerca delle collusioni tra mafia e politica. Ma la storia
ufficiale e consolidata, in Italia, si scontra ed incontra sempre con l’
intreccio tra misteri e dati di fatto, tra ricostruzioni processuali
certe e tasselli mancanti che aprono antiche ferite , facendo venir meno
la realtà storica accertata e,soprattutto, quella Verità e Giustizia
chiesta a gran voce dalla società civile italiana. Da Capaci a Via
d’Amelio, quell’estate del 1992 ha lasciato n fatti aperte troppe
domande ancora senza risposte: quelle stesse che ora si stanno cercando
anche nelle aule di tribunale.
Se è vero,com’è emerso dalle inchieste
della magistratura, che dopo Capaci tra Stato e mafia si cercò di
intavolare una trattativa, appare incredibile che il processo su questi
fatti parta solo ora,il 27 maggio 2013, ben 21 anni dopo quelle stragi.
Ed ancor più insostenibile ,soprattutto per i parenti delle vittime ma
anche per l’Intera società italiana, e’ scoprire che quella trattativa
si sarebbe intavolata con gli autori di una strage così efferata come
quella di Capaci, pochi giorni dopo quei 5 morti dello Stato e quei
funerali che avevan visto scendere in piazza migliaia e migliaia di
persone ,a Palermo, e sollevare le coscienze di un’intera nazione.
Ancor più grave e’ sapere da Agnese Borsellino , dalla sua testimonianza
resa in aula di corte d’Assise prima della morte, che il marito
Paolo,pochi giorni prima del suo orrendo assassinio in Via d’Amelio,
aveva capito i contorni di quella trattativa già iniziata. Un
tentativo di “accordo” per una Pax mafiosa che Paolo Borsellino
contrastava con tutte le sue forze , ben sapendo d’aver poco tempo a
disposizione ,avendo intuito d’essere entrato nel cono d’ombra di
quell’esplosivo che l’avrebbe ammazzato di li a poco.
Bomba i cui padri ,ora,dopo tanti anni,
ci sembrano molteplici, non più solo in cosa nostra. Chi è perché prese
quella iniziativa? Che ci facevano tanti uomini dei servizi segreti in
Via d’Amelio pochi minuti dopo lo scoppio della bomba? Perché la polizia
indirizzò le indagini verso una sola direzione, subendo ( o ”
facilitando”) le dichiarazioni del falso pentito Scarantino? Arnaldo La
Barbera era a libro paga dei Servizi Segreti sin dal 1986e quindi a
Palermo dirigeva la Squadra Mobile o lavorava per i servizi dopo quelle
stragi? È per quali fini? La Barbera non c’ e’ più e non può rispondere,
ma altri testimoni dell’epoca, sui colleghi noti i e superiori di
quegli anni, sono ancora vivi.
Parlino ora, facciano capire chi è
perché tentarono l’accordo con cosa nostra dopo quelle stragi degli anni
1992-93. Dicano in nome di quale conservazione del potere o segreti
nascosti, hanno lavorato in quegli anni di grande cambiamento, mentre
l’Italia chiedeva di voltare pagina e chiudere per sempre la mafia in
carcere con i boss al 41 bis. Ma noi parliamo di memoria e non di
ricordo,in questa giornata del 23 maggio, perché vogliamo che nella
storia d’ Italia quei nomi e quei volti di persone morte per la
giustizia e la legalità ,restino un monito ed una speranza, soprattutto
per i giovani. Ma anche un segnale politico continuo e presente per il
nostro Parlamento. Perché ,oggi più che mai, si continui nel solco
tracciato da quei magistrati, rafforzando la lotta alla corruzione ed
alle mafie cambiando la legge anti corruzione, reintroducendo il falso
in bilancio per combattere il riciclaggio e le collusioni tra mafia e
politica. Ridando più poteri investigati e di lotta alla criminalità
organizzata agli ragni di polizia, impegnando le istituzioni nel
rapporto costruttivo con i giovani e le associazioni, affinché si lavori
sulle coscienze della legalità nelle scuole e nella società ,per i
diritti dei cittadini ,per il lavoro e la dignità , per i servizi
sociali e la cultura come diritto e non come concessione dall’alto del
politico di turno.
Assistiamo invece,troppo spesso, al
tentativo di ridurre i reati come il concorso esterno in associazione
mafiosa per salvare questo o quell’imputato eccellente, come
accaduto,con un tempismo incredibile, proprio in questi giorni con il
disegno di legge del senatore Campagna del Pdl che voleva tagliare le
pene per questo reato nel goffo tentativo di aiutare Dell’Utri. Ddl
ritirato,ma chissà per quanto tempo…. Sino alle leggi ad personam ,
alle riduzioni dei tempi di prescrizione per cancellare i reati di una
sola persona che domina questa scena della giustizia da 20 anni. Al
depotenziamento degli strumenti d’indagine ed addirittura alla continua
riproposizione delle limitazioni alle intercettazioni per togliere
strumenti investigativi, inventandosi “grandi orecchie” inesistenti.
Arrivando anche alla ridicolizzazione dei magistrati,come accaduto ad
una delle più brave tra i servitori dello Stato, come Ilda Boccassini,
” colpevole ” d’aver sostenuto la pubblica accusa ai processi di
Berlusconi, a Milano. Proprio lei che, nessuno lo ricorda, era tra i
sostenitori e tra le più fedeli amiche di Giovanni Falcone.
Eroe nazionale, Ilda Boccassini, quando
indago’ sulla strage di Capaci,individuando il commando che fece saltare
le auto di Falcone e della sua scorta. Diventata improvvisamente ‘toga
rossa’ quando ha cominciato ad indagare su Berlusconi. La storia non
si cambia: per questo oggi, 23 maggio, resta per noi tutti il giorno
della memoria di quel che accadde allora a Capaci, fonte di domande cui
aspettiamo risposte, ma anche momento della nascita della nostra
antimafia, delle coscienze, della società ,della legalità , alla ricerca
di Verità e giustizia.
Nella Strage di Capaci in cui persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
A Ricordo di quel giorno in forma indelebile e per sempre.
23 maggio 2014
IL BORGHIGIANO
Nessun commento:
Posta un commento