Il culto del santo vescovo martire Valentino da Terni o da
Interamna (176 ca. – 14 febbraio 273) non sembra sia giunto a Matelica se non
per ragioni di patrocinio privato. Tutto si deve infatti al lascito
testamentario del conte Valentino Pellegrini, con il quale fu possibile
costruire il convento e la chiesa, fondati appunto sotto il titolo dei Santi
Valentino e Teresa, con benedizione il 13 gennaio 1705 (mentre proseguivano
lavori di rifinitura) da parte di Don Andrea Lodovico Cataneo, Vicario Generale
di Camerino, ed inaugurazione ufficiale il 14 febbraio 1705 (così risulta dagli
“Analecta Ordinis Carmelitarum
discalceatorum” vol. 23, anno 1951). In quell’occasione venne esposta per
la prima volta la santa reliquia, acquistata dalle spoglie che secondo la
tradizione si trovavano a Terni al LXIII meglio della Via Flaminia, nei pressi
di una necropoli romana.
Tra gli antenati del Pellegrini un altro Valentino (Podestà
di San Ginesio nel 1549, Commissario e Governatore di Castro nel 1559, citato
da San Carlo Borromeo in una lettera del 16 agosto 1564 in quanto assassinato
l’anno precedente).
Valentino Pellegrini, discendente di una nobile famiglia
originaria di Gualdo Tadino, impegnata dal XVI secolo nella produzione e nella
vendita dei celebri pannilana di Matelica, risiedeva nel palazzo che oggi è
noto come Museo Piersanti, mentre il fratello, padre Alessandro, era uno
stimato gesuita. Pellegrini, che era stato anche Legato dello Stato Pontificio
negli anni 1642 e 1643 («officio functus»
il 2 dicembre 1641), Commissario apostolico di Imola, dispose nel suo
testamento del 1648 che, se alla morte dei nipoti Giambattista e Giuseppe, non
vi fossero stati eredi, l’immensa fortuna della famiglia dovesse andare, in
cambio di preghiere e messe di suffragio della sua anima, ad un nuovo convento
di Gesuiti, di Carmelitani Scalzi, di Domenicani o dei Ministri degli Infermi,
che avessero garantito l’apertura di un collegio in città.
L’assassinio misterioso del nipote conte Giambattista nel
1684, la mancanza di eredi diretti, le indagini condotte dalle autorità
giudiziarie dell’epoca, senza trovare colpevoli, ma facendo cadere sospetti
sugli stessi gesuiti a cui apparteneva il P. Giuseppe Pellegrini, portò il
gesuita padre Carlo Noyelles ad evitare sterili polemiche e sospetti
sull’eredità, esprimendo il suo diniego il 25 giugno 1684, sostenendo che «le Signorie Vostre Illustriss. sono per
ritrarre da altre Religioni surrogate in nostra vece al Legato del già Sig.
Valentino Pellegrini, considerato il valente di esso, veggo esser
indispensabile una straordinaria lunghezza di tempo sì all’intero assegnamento,
che manca di quel che si richiede à mantenere il numero di Religiosi prescritti
dalle Bolle Pontificie, e dalle nostre Costitutioni, come alla Fabrica
dell’Habitatione, e della Chiesa, et al provvedimento delle Sacre
Suppellettili, e domestiche cose, le quali debbono precedere l’aprimento del
Collegio».
Di fatto dunque l’immensa eredità passava di mano e fu
accettata dai Carmelitani Scalzi (gli stessi che dal 1606 reggono la Basilica
di San Valentino a Terni) che, nel 1693, provvidero ad iniziare la costruzione
del complesso attuale, provvedendo alla creazione di un collegio di filosofia e
teologia con ricca biblioteca (sul lato che dà su via Oberdan), dopo lunghe
dispute anche legali, in quanto la regola carmelitana non prevedeva la
disciplina di gestire un ginnasio pubblico.
I fatti sono raccontati dal francescano P. Aldebrando
Artigiani, che scrive: «Nel 1693 fu
incominciata la grandiosa fabbrica del Monastero e Chiesa, come oggi ancora si
vede, colle rendite e fondi della famiglia Pellegrini, estinta l’anno 1684
colla morte di Giambattista, che non ebbe figli. In questo Monastero vi erano
molti Religiosi, anche dotti, per cui vi fù sempre lo studio della Filosofia, o
di Teologia; possedeva una buona e numerosa libreria. La Domenica infra
l’Ottava del Corpus Domini facevano annualmente una solenne processione col
Venerabile. La mattina di Pasqua ne facevano un’altra col Venerabile dopo aver
cantata la Messa, alla quale concorreva molto popolo da non poter esser capace
la Chiesa di accoglierlo. Alimentavano molte famiglie, massima degli Artisti,
che servivano il Monastero nel quale ogni giorno vi lavoravano, e degli
inservienti».
Il culto dei Santi Valentino e Teresa proseguì comunque
anche negli dopo l’espulsione dei Carmelitani nel 1798 e di nuovo nel 1808 a
seguito delle leggi di soppressione delle Congregazioni religiose da parte
degli invasori francesi (la chiesa fu ridotta ad un grande magazzino negli anni
successivi al 1808). La ripresa di possesso della chiesa avvenne nel 1821 da
parte del Vescovo Mons. Buttaoni ed il successore Mons. Balducci la assegnò il
24 agosto 1823 ai padri Filippini sotto i quali acquisì il titolo di parrocchia
(nel frattempo era stata demolita nell’attuale piazza Garibaldi la chiesa
parrocchiale di S. Antonio Abate) ed infine, il 13 aprile 1842, subentrarono i
Benedettini – Silvestrini che la acquistarono dai Filippini che erano molto
indebitati.
San Valentino da Terni, celebrato da cattolici, ortodossi e
ed anglicani, è noto sia come patrono degli innamorati, che protettore degli
epilettici.
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