Con 235 "si" e 70 "no" il Governo presieduto da Letta può ritenersi salvo e anzi, più solido e coeso di prima. Alla fine Berlusconi ha deciso di votare la fiducia, rimangiandosi quanto detto nei giorni antecedenti e rinnegando se stesso e le decisioni prese in precedenza. Tutto ha avuto luogo all'interno di Palazzo Madama, dove le ventitré "colombe", capeggiate da Alfano dichiarano di sostenere l'Esecutivo a priori, con o senza il lascia passare del Cavaliere. Messo con le spalle al muro ed in ginocchio, l'ormai ex leader del centrodestra non poteva che dire "si" al GovernoLetta. Dietro a questo difficile e travagliato "si" c'è il classico comportamento berlusconiano di non dar soddisfazione di essere stato sconfitto. Perché la sua è stata una vera e propria sconfitta sotto tutti i punti di vista, soprattutto sotto quello tattico e strategico: far dimettere i ministri senza una strategia e soprattutto senza sostegno da parte del partito e del Paese è risultato un comportamento kamikaze. Da qui, quindi, il ripiegamento tattico che non ha di certo dimenticato di lasciare feriti, come i 25 senatori pronti ad uscire dal PDL. Si apre perciò uno scenario tutto nuovo e non di certo semplice da percorrere, tanto per il centrodestra quanto per il centrosinistra. Per il primo perché si dovrà costruire un'area politica tutta nuova, per il secondo perché non potrà più basare le sue parole sul Caimano, ormai in via di pensionamento.
Gabriele Pegolo
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