sabato 23 febbraio 2013

LE URNE DEL DISAGIO di Alessandro Moscè



Non ci resta che dire… buon voto a tutti. E’ stata una campagna elettorale anomala, perché macchiata dalla spaventosa crisi economico-occupazionale. Tempi strani, li definisce il sociologo di “Repubblica” Ilvo Diamanti. Già, se si tiene conto che ci sfugge la cifra di questi tempi, che è sempre più difficile dare un senso alle cose. Saremo in postazione, lunedì 25 febbraio, dopo le 15.00, per la lunga maratona elettorale. Radio Gold sfornerà dati e giudizi, impressioni e rilevazioni. Un piccolo intervento chirurgico subito martedì scorso mi obbliga a restare a casa, ma dico la mia dalla piattaforma virtuale. Saranno le urne del disagio, perché una persona su due si definisce preoccupata, per sé e per i propri familiari, di perdere il lavoro. In queste due righe è racchiuso lo stato d’animo degli italiani e dunque dei fabrianesi stessi. Scrive proprio Diamanti nel saggio “Tempi strani. Un nuovo sillabario (Feltrinelli 2012), un libro che consiglio a tutti: “E’ come se, nell’incertezza del lavoro, si fosse sviluppato un diffuso e crescente senso di insicurezza ontologica”. Qualcosa che scuote le coscienze, i nostri riferimenti personali e sociali. Qualcosa che mette in dubbio la nostra identità. Insomma, ci siamo abituati all’incertezza, e la politica non sembra affatto infondere coraggio. Siamo davvero assuefatti alla transizione infinita, a stazioni di passaggio che Diamanti definisce “senza destinazione”. C’è un aspetto che mi colpisce e che giro, come provocazione, ai ragazzi del nostro staff, ai giovanissimi che frequentano il corso di formazione in radio. Un fondamento del quale parlavo tempo fa con Gigliola: la scuola, l’università, il sapere non forniscono più un lavoro, un guadagno. Allungano la precarietà. Ecco, i politici dovrebbero avere a cuore le sorti degli studenti intelligenti, meritevoli, capaci, che possono dare un contributo (anche per ragioni anagrafiche) alla rinascita di un paese dove non ci sono soldi per la ricerca e la formazione e dove i nostri cervelli emigrano frequentemente all’estero. Pensate ai giovani, cari parlamentari, come fossero figli vostri. Lo diciamo con il cuore in mano. E che la politica sposi la meritocrazia e annulli i privilegi delle caste. Forza, usciamo dalle secche dell’inverno: non possiamo più avere paura del futuro.

Alessandro Moscè
Direttore Editoriale

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