Non ci resta che dire… buon
voto a tutti. E’ stata una campagna elettorale anomala, perché macchiata dalla
spaventosa crisi economico-occupazionale. Tempi strani, li definisce il
sociologo di “Repubblica” Ilvo Diamanti. Già, se si tiene conto che ci sfugge
la cifra di questi tempi, che è sempre più difficile dare un senso alle cose.
Saremo in postazione, lunedì 25 febbraio, dopo le 15.00, per la lunga maratona
elettorale. Radio Gold sfornerà dati e giudizi, impressioni e rilevazioni. Un
piccolo intervento chirurgico subito martedì scorso mi obbliga a restare a
casa, ma dico la mia dalla piattaforma virtuale. Saranno le urne del disagio,
perché una persona su due si definisce preoccupata, per sé e per i propri familiari,
di perdere il lavoro. In queste due righe è racchiuso lo stato d’animo degli
italiani e dunque dei fabrianesi stessi. Scrive proprio Diamanti nel saggio
“Tempi strani. Un nuovo sillabario (Feltrinelli 2012), un libro che consiglio a
tutti: “E’ come se, nell’incertezza del lavoro, si fosse sviluppato un diffuso
e crescente senso di insicurezza ontologica”. Qualcosa che scuote le coscienze,
i nostri riferimenti personali e sociali. Qualcosa che mette in dubbio la
nostra identità. Insomma, ci siamo abituati all’incertezza, e la politica non
sembra affatto infondere coraggio. Siamo davvero assuefatti alla transizione
infinita, a stazioni di passaggio che Diamanti definisce “senza destinazione”.
C’è un aspetto che mi colpisce e che giro, come provocazione, ai ragazzi del
nostro staff, ai giovanissimi che frequentano il corso di formazione in radio.
Un fondamento del quale parlavo tempo fa con Gigliola: la scuola, l’università,
il sapere non forniscono più un lavoro, un guadagno. Allungano la precarietà. Ecco,
i politici dovrebbero avere a cuore le sorti degli studenti intelligenti,
meritevoli, capaci, che possono dare un contributo (anche per ragioni
anagrafiche) alla rinascita di un paese dove non ci sono soldi per la ricerca e
la formazione e dove i nostri cervelli emigrano frequentemente all’estero.
Pensate ai giovani, cari parlamentari, come fossero figli vostri. Lo diciamo
con il cuore in mano. E che la politica sposi la meritocrazia e annulli i
privilegi delle caste. Forza, usciamo dalle secche dell’inverno: non possiamo
più avere paura del futuro.
Alessandro Moscè
Direttore Editoriale
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