Tremila euro per tacere alcune scappatelle extraconiugali. Due donne,
madre e figlia, sono state condannate ieri per estorsione dal collegio
penale del Tribunale di Ancona. Entrambe dovranno scontare due anni e
sei mesi. Vittima delle pressanti richieste, un impiegato di un'azienda
fabrianese. Tutto iniziò nel 2005, quando la 53enne si trasferì a
Fabriano dalla provincia di Milano, insieme alla figlia 19enne. A
spingere le due donne nelle Marche furono le condizioni economiche quasi
disperate. La 19enne trovò lavoro in un'azienda terzista e la giovane
venne assunta con mansioni da operaia. Nel tempo, strinse i rapporti con
un lavoratore di circa 50anni, sposato. I due iniziarono a frequentarsi
anche oltre l'orario di lavoro. Tra di loro non ci sarebbe mai stato un
coinvolgimento sentimentale, ma solo una serie di rapporti di natura
sessuale. Gli incontri si sarebbero protratti fino al 2011. Secondo la
versione della 19enne, rappresentata in udienza dall'avvocato Giorgio
Mariscoli, si sarebbe trattato di rapporti a pagamento: 50 euro per ogni
prestazione. Circostanza smentita da Marco Bigoni, rappresentante
legale del 50enne. Lo stesso impiegato ha fornito la propria versione in
udienza, davanti al collegio presieduto dal giudice Francesca Grassi.
Secondo l'uomo, la relazione non sarebbe stata continuativa nell'arco
dei sei anni. I due si sarebbero incontrati non più di 4-5 volte.
Scappatelle e nulla più, secondo l'uomo, ma che nel 2012 rischiarono di
compromettere il suo matrimonio. Il rapporto professionale tra la 19enne
e l’azienda si interruppe l'anno precedente per cause non ancora
chiarite. La ragazza e la madre avrebbero cominciato a tempestare l'uomo
con telefonate e sms, chiedendo la somma di 3mila euro. Se non avessero
ricevuto il denaro, avrebbero contattato la moglie dell'impiegato,
mostrandole alcuni messaggi compromettenti che la 19enne aveva
conservato sul cellulare. L'uomo pagò 1.200 euro con due versamenti da
500 e 700 euro. Al proseguire delle richieste, il 50enne decise di
sporgere denuncia. Secondo le imputate, il denaro era stato promesso
loro per contrarre l'affitto di una casa nel lodigiano. Viste le gravi
condizioni di indigenza delle imputate, ieri l'avvocato Bigoni ha
ritirato previo consenso la costituzione di parte civile del suo
assistito. (Il Messaggero)
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