martedì 17 dicembre 2013

WEB E INFORMAZIONE, MANEGGIARE CON CURA. Di Pietro De Leo



Un’indagine Demos Coop su “Gli italiani e l’informazione” ha messo in evidenza come nel nostro Paese, per capire ciò che accade, ci si fidi più del web che della televisione. In una generale ondata di sfiducia verso tutto ciò che può essere anche indirettamente legato alla politica, tg e talk show perdono terreno e lo acquistano riviste online e social network. Tra questi ultimi, Twitter è quello che, stando al campione oggetto dell’indagine, consentirebbe di mettere in collegamento diretto il cittadino con il proprio opinion maker. Fosse vivo, Karl Popper probabilmente avrebbe riproposto per il web ciò che scrisse per la Tv, cioè che serve una patente in quanto chi gestisce i contenuti di un mezzo così potente può causare danni sociali consistenti. Ovviamente è una provocazione, ma non si può utilizzare internet senza rispettare una precisa tavola di valori. Il principale dei quali è la responsabilità. Perché il web, come tutti i fenomeni di massa, presenta un lato positivo e un lato negativo. Il primo è che arricchisce la libertà di informazione nel nostro Paese. E’ vero che il giornalismo –anche quello online- risponde a delle logiche editoriali che risentono del contesto politico ed economico. Ma nel nostro panorama mediatico ognuno può trovare rappresentata la propria posizione e questo anche grazie al web. Il lato negativo è che se internet è percepito come ‘affidabile’ non è detto che sia anche attendibile. Non sempre infatti l’utente medio è in grado di distinguere ciò che è informazione da ciò che non lo è. Il web, inoltre, risponde appieno all’assunto di Marshall McLuhan, secondo cui ‘il mezzo è il messaggio’. E ciò si riscontra soprattutto nella comunicazione politica, dove il realizzarsi di questa regola finisce per distorcere i concetti. I social network sono un irrinunciabile valore aggiunto ma sarebbe un errore credere che soprattutto lì possano nascere le piattaforme programmatiche, perché certe materie non stanno in un tweet, credere il contrario  è come far entrare un elefante in una scatola di fiammiferi. Per questo il web si presta, molto più che la tv e i giornali, alla cattiva interpretazione, alla semplificazione, alla mistificazione. Nella foga di tagliare e ‘far entrare in poco spazio’, si finisce per dare in pasto all’opinione pubblica una visione del mondo troppo semplicistica e che non invita alla riflessione. Anche per questo, dunque, servirebbe una ‘patente della responsabilità’, più a tutela di chi fruisce le informazioni che di chi le fornisce. Ma è alquanto difficile chiederla nell’epoca dei comunicatori d’assalto, dei cacciatori di consenso e, soprattutto, dei grafomani appassionati di complotti e tesi dietrologiche. 
Pietro De Leo

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