sabato 22 giugno 2013

E se la Indesit fosse già stata venduta? Di Alessandro Mosce'

Altro colpo di scena sul fronte Indesit mentre sembrava che gli animi si potessero placare e che la trattativa per rivedere il Piano Italia potesse portare ad uno sbocco positivo. Ieri, invece, direttamente da Roma, è arrivata la brutta notizia: rottura delle trattative sul piano da 1.425 esuberi. L’azienda lo ha confermato nell’incontro con il coordinamento sindacale nazionale, e Fiom,Fim e Uilm hanno subito abbandonato il tavolo. A Fabriano sono scattati scioperi immediati negli impianti di Melano e Albacina. Uno sciopero generale è previsto per venerdì 12 luglio in tutti gli stabilimenti del gruppo con una manifestazione di carattere nazionale proprio a Fabriano. Quindi altre ore di sciopero articolato entro il 5 luglio. Lo stop è stato proclamato dai sindacati dei metalmeccanici Fim-CislFiom-CgilUilm-Uil, insieme al coordinamento Indesit. In una nota l’azienda afferma di prendere atto con rammarico della decisione sindacale di interrompere il confronto sul piano presentato per la salvaguardia e razionalizzazione dell’assetto di Indesit Company in Italia. “Indesit”, si legge, “si rende fin d’ora disponibile a riavviare un confronto costruttivo e finalizzato all’individuazione di ogni soluzione possibile a sostegno dell’occupazione dei dipendenti coinvolti”. “Non permetteremo mai ad Indesit di calpestare la dignità dei lavoratori”afferma il segretario regionale della FimCisl delle Marche Andrea Cocco, ricordando che il piano industriale del gruppo elettrodomestico prevede anche la chiusura di due stabilimenti, quello di Melano e quello di Teverola, a Caserta. Prima Andrea Merloni che molla i pappafichi e la presidenza, ora l’irremovibilità della governance di Indesit di fronte ad un piano che prevede l’allontanamento di una quantità consistente di lavoratori. Sorge un dubbio: e se Indesit fosse già stata venduta? Se Marco Milani stesse preparando il terreno affinché l’azienda acquirente entri in possesso della multinazionale con un piano studiato a tavolino e fatto eseguiremestamente dall’attuale presidente? Se fossero state queste le richieste improrogabili di un colosso straniero? Sarebbe peggio o sarebbe meglio? Sarebbe, senz’altro, la dimostrazione che il patto territoriale è stato rotto da tempo e che la popolazione del comprensorio fabrianese non potrà fare nulla, compresi i sindacati e le istituzioni che si stanno battendo in prima linea. Esuberi e chiusure sul fronte della trattativa sono il preavviso di una cessione imminente? L’interrogativo rimane tale, ma l’ipotesi prende campo in più ambienti.

Alessandro Moscè

Direttore Editoriale



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