Nessuna retromarcia, come era facilmente prevedibile:
il piano Indesit per
l’Italia non sarà modificato. Confermati i 1.425 esuberi su scala nazionale di cui 480 nella sola
Fabriano, dove verrà chiuso lo stabilimento
di Melano. Il presidente Marco Milani lo ha ribadito ieri a Roma nel confronto
con il ministro allo Sviluppo Economico Flavio
Zanonato, al quale ora spetterà l’onere di coordinare il tavolo
nazionale tra management e sindacati alle prese con un braccio di ferro
altrettanto prevedibile. Milani (nel
corso del vertice a cui ha preso parte il presidente delle Marche Gian Mario
Spacca) ha evidenziato che il piano non prevede licenziamenti, ma esuberi gestibili anche attraverso gli
ammortizzatori sociali. Per il gruppo
si tratta di riallocare le produzioni non più
sostenibili in paesi a miglior costo e di potenziare in Italia la produzione
dell’alto di gamma. E per dimostrare il proprio impegno e la centralità di
tutti i siti italiani, Milani ha messo sul tavolo un investimento di 70 milioni
di euro per il rinnovo delle linee di produzione. Per il momento le
rassicurazioni di Fabriano sono cadute nel vuoto. Resta forte il sospetto che
la famiglia Merloni si sia volutamente defilata dal piano per lasciare ad altri
l’incombenza di affrontare i tumulti della piazza e soprattutto le rimostranze
dei sindacati e dei lavoratori. Ma questo per una funzionalità che non solo sarà
immediata, cioè il via al piano esuberi, ma per un motivo finora celato. Appunto,
la vendita dell’azienda ad un gruppo straniero. Il quale potrebbe aver chiesto
(usiamo il condizionale) la consegna dell’impresa con il piano già attuato.
Milani, quindi, sarebbe semplicemente un traghettatore, un uomo di fiducia che avrebbe
consentito alla famiglia Merloni di non metterci la faccia e di non esporsi
eccessivamente di fronte alla gente di Fabriano. Il piano è inevitabile: sì, ma
per chi? Nel frattempo colpisce la tenacia di don Giancarlo Vecerrica, il
vescovo della diocesi. Nel corso della messa dedicata al patrono della città, durante l’omelia
ha chiesto
a San Giovanni di “convertire i cuori di tutti coloro che fanno soffrire i
lavoratori”. Ha detto esplicitamente: “Fa che il dialogo tra
chi è in alto e chi è in basso sia la strada maestra per ricomporre quanto è
stato rotto. San Giovanni, sostieni la nostra chiesa locale perché sia sempre
con chi lotta per il lavoro. Proteggi questa gente e non lasciarla nell’incertezza.
Converti coloro che sono alla guida delle industrie e della politica. Ispira
alle nostre autorità e a chi ha potere ciò che è giusto, vero e buono”. Già,
cosa è giusto, vero e buono? I licenziamenti? La vendita? L’indifferenza della
famiglia Merloni? O la rabbia e la disperazione dei lavoratori?
Alessandro Moscè
Direttore Editoriale
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