E’ passata una settimana dall’annuncio shock. Una settimana di passione,
di costernazione, di disperazione. Una settimana di scioperi, di dichiarazioni incrociate
tra sindacati e istituzioni locali e nazionali. Indesit, multinazionale produttrice
di elettrodomestici, ha annunciato 1.425 esuberi di cui 480 a Fabriano. Mancava questo piano di riassetto: adesso non c’è più speranza per la
città, è la voce comune. Il polo industriale della meccanica, fino a qualche
anno fa tra i più ricchi d’Italia, è precipitato. Al sindaco Giancarlo Sagramola hanno
assicurato che la governante di Indesit farà il possibile per trovare un
accordo con il sindacato, in modo da non lasciare a casa operai e impiegati,
così come si cercherà di salvaguardare la riqualificazione della storica fabbrica
di Albacina, con tutto ciò che ne consegue in termini di investimenti e tutela
dell’occupazione. Ma la delocalizzazione è già avviata e sarà inarrestabile. Dopo
il terremoto dell’Antonio Merloni, caduta sotto i colpi della crisi del
contoterzismo, la bomba Indesit è scoppiata fragorosamente. All’uscita dalle
fabbriche, dalle scuole, nei bar, non si parla d’altro. “Circolavano tante
voci, alcune sembravano esagerate, ma alla fine la notizia è peggiore delle
ipotesi. Di solito accade il contrario”, è il commento di un operaio. Dal
quartier generale nessun commento della famiglia. Non parla neppure il neo
presidente Marco Milani, che il 7 maggio scorso ha sostituito Andrea Merloni al
vertice del gruppo. Una nomina espressa dalla cassaforte di famiglia Fineldo
(che possiede oltre il 43% delle quote Indesit), che sembrava aver messo la
parola fine ai rumors sulle profonde divergenze dei figli di Vittorio sulle strategie
future della società. E adesso? Cosa fare? Cosa ci aspetta? La crisi parallela
della Tecnowind aggrava la recessione del modello fabrianese. Sono lontani i
tempi del pioniere Aristide Merloni: si rischia di vivere di un passato
scolorito e nell’illusione di un’improbabile resurrezione. Il dramma che
attanaglia Fabriano non è solo dato dai licenziamenti, dalla cassa
integrazione, dalla disoccupazione. E’ che non si è ancora scelto che strada
prendere. Quale via per risollevarsi? Puntare su turismo e cultura? In questo
senso non emergono dati significativi e il reimpiego nel settore sarebbe esiguo
rispetto alla forza lavoro. Accogliere imprenditori pronti ad investire? In
passato non sono stati voluti. Ora, forse, è troppo tardi. Indesit va verso la
vendita, a quanto pare. Nel frattempo Fabriano rimarrà una città di anziani e
di dipendenti pubblici. I giovani che studiano nelle varie sedi universitarie non
rientreranno, i pensionati invecchieranno. E’ facile intuire che da qui a breve
riscontreremo un calo sensibile di densità della popolazione. La crisi
dell’elettrodomestico bianco produrrà conseguenze fisiologiche. Fabriano sarà simile
ad un paese del sud poco progredito, che vivrà soprattutto di espedienti. Il
riciclo storico, stavolta, ci penalizza enormemente.
Alessandro Moscè
Direttore Editoriale
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