giovedì 20 giugno 2013

INDESIT: IL PIANO CHE NON CONVINCE di Alessandro Moscè


“Il piano di salvaguardia e razionalizzazione non è per fuggire dall’Italia ma per rimanerci”. Lo assicura Marco Milani, presidente e amministratore delegato di Indesit Company, in un’intervista apparsa il 19 giugno su diversi quotidiani. Il piano di ristrutturazione, rivendica Milani, sarebbe fondato sul taglio dei dipendenti e su nuovi investimenti. “Sarò chiaro: per noi l’Italia è importante. Nel 2013 produrremo 3,4 milioni di elettrodomestici ma ne venderemo solo 1,7 milioni e abbiamo una quota di mercato del 25%. Vogliamo rimanere esportatori. Il problema è che la differenza del costo del lavoro fra qui ed il resto d’Europa è enorme. La presenza in Italia ci costa 24 euro l’ora con una penalizzazione complessiva di 70-80 milioni. Non abbiamo voluto chiudere nessuno dei tre siti produttivi (Fabriano, Comunanza e Caserta, ndr), dove abbiamo 2.400 addetti”. Sul piano dei tagli, Milani assicura: “Siamo pronti a discutere con il sindacato degli impiegati e degli operai per trovare i migliori strumenti che evitino la perdita del posto di lavoro e minimizzino l’impatto economico”. Resta difficile capire come non si possa parlare di fuga e come si debba sostenere la salvaguardia dei posti. Rimane forte la sensazione che Indesit stia smobilitando e che l’azienda, in breve tempo, sarà venduta. Continua la battaglia sindacale e degli operai sostenuti anche dal sindaco Sagramola e dal vescovo Vecerrica. La stessa presenza di Susanna Camusso, l’altro ieri, ha dato un’impennata all’opposizione. Il piano di Milani subisce attacchi su tutto il fronte. “Hanno scommesso sul fallimento Italia”, tuona il segretario nazionale della Cgil. “L’azienda non è in crisi, è in utile. Questi esuberi sono inaccettabili”, aggiunge il primo cittadino. “Restituite alle Marche ciò che vi è stato dato”, dice il rappresentante della chiesa. Qualcuno tira in ballo la caduta di un principio democratico che riguarda la “difesa sociale”, altri di un’idea di futuro brutalmente abbandonata. Marco Milani prosegue nella sua strategia e non si sottrae ai microfoni e ai taccuini. La famiglia Merloni viene chiamata in causa ma tace. La protesta non dorme e sono annunciati altri scioperi e altre manifestazioni. Siamo alle solite: un’azienda rincorre il profitto a discapito del territorio e degli abitanti. C’è un limite che non si può superare? La legge del mercato non lo impone, la politica non può delimitarlo e la gente è impotente. Chi ha adottato l’euro ha pagato un prezzo molto elevato in termini di crescita e di occupazione. i paesi sono diventati più poveri ed hanno visto svanire le prospettive di crescita, come ha certificato l’organizzazione internazionale del lavoro. E sembra già una sentenza inappellabile.
Alessandro Moscè
Direttore Editoriale


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