lunedì 6 maggio 2013

IL CASO DI LAURA BOLDRINI E LA VIOLENZA SULLE DONNE di Alessandro Mosce'


Spesso succede che le televisioni e la stampa nazionale diano ampio risalto agli omicidi in famiglia che vedono protagoniste, si fa per dire, le donne. Perché non si riesce a fermare il femminicidio? Non si capisce il perché questo fenomeno stia dilagando a macchia d’olio fino ad assurgere a fenomeno che dilata anche l’attenzione dei mass media. Quando Primo Levi racconta l’orrore vissuto durante la Shoah, si chiede se colui “che non conosce pace e che muore per un sì o per un no” possa ancora essere considerato un uomo. E le donne che muoiono per gelosia, per vendetta, per un raptus? La notizia si interseca con le minacce al Presidente della Camera Laura Boldrini. Giorni fa, seduta alla sua scrivania, leggeva attentamente i messaggi che la giovane assistente le porgeva. Erano minacce di morte, di stupro, di sodomia, di tortura. Accanto al testo spesso c’erano immagini eloquenti. Fotomontaggi: il suo volto sorridente sul corpo di una donna violentata da un uomo di colore, il suo viso sul corpo di una donna sgozzata, il sangue che riempieva un catino a terra. Centinaia di pagine stampate, migliaia di messaggi. A ciascuna minaccia corrispondeva un nome e un cognome, un profilo Facebook, l’indirizzo di una pagina Internet. Le minacce, a sfondo sessuale, si sono moltiplicate nel giro poche settimane con il tipico effetto valanga che la rete produce. Ecco un risvolto negativo e straniante se da un lato il web consente, democraticamente, di dire la propria anche a chi non finisce mai sui giornali e di aprire dibattiti intelligenti e utili, d’altro canto la libertà può indurre a seminare il male per il semplice piacere di farlo. La vicenda ha innescato molte polemiche, tanto da far auspicare una riflessione legislativa su come viene utilizzata la rete. La donna torna al centro dell’attenzione per la violenza esercitata su di lei, per la violazione del corpo e della dignità. I dati annuali dell’Osservatorio del Telefono Rosa, presentati l’altro giorno a Roma, confermano che il tragico volto della violenza sulle donne non cambia. L’autore è il marito (48%), il convivente (12%) o l’ex (23%), un uomo tra il 35 e i 54 anni (61%), impiegato (21%), istruito (il 46% ha la licenza media superiore e il 19% la laurea). Non fa uso particolare di alcol o di droghe (63%). Insomma, un uomo normale. Così come normale è la vittima: una donna di età compresa fra 35 e 54 anni, con la licenza media superiore (53%) o la laurea (22%). Impiegata (20%) o disoccupata (19%) o casalinga (16%), con figli (82%). La maggior parte delle violenze continua ad avvenire in casa, all’interno di una relazione sentimentale (84%). La situazione si aggrava nel caso di convivenza (arrivata oggi al 37%) anche per la mancanza di leggi che la tutelino. Sale dal 13% al 18% la percentuale di donne che ammettono la debolezza come motivazione che le ha spinte per anni a sopportare la situazione di violenza. La donna inizia a riconoscere i danni su se stessa. Durante le consulenze afferma di essersi accorta che la perdita di autostima e l’insicurezza che prova sono diretta conseguenza di anni di vessazioni e di umiliazioni subite in silenzio. Dove arriveremo di questo passo?

Alessandro Moscè
Direttore Editoriale

1 commento:

  1. Perché se una donna piange è pazza e se un uomo uccide è per amore?

    Ogni donna ha il diritto di essere tutelata, ma questo accade molto raramente, così quasi sempre si trova a doversi tutelare da sola ed ecco perché poi il femminicidio non ha fine.

    Da donna - però - mi sento di condannare l'uso che certe di noi fanno della loro femminilità facendoci così restare chiuse in questo limbo di una libertà visionaria. Siamo ancora in troppe a giustificare certi passaggi sul nostro corpo e sulle nostre menti. Finché si sentirà dire da altre donne: "Se lo è meritato, andando in giro così. (o) poteva fare a meno di provocare...etc..." non credo possibile una liberazione. Ci sono uomini che rispettano le donne più delle donne stesse.

    Eppure siamo in molte e insieme potremmo divenire popolo . “Le persone quando diventano popolo fanno impressione” scriveva Erri De Luca ne “il giorno prima della felicità”, ma questo non accade per noi. Alcuni giorni fa un mio amico evidenziò questa questione con due casi . Il primo quello delle elezioni. Una settimana prima che avessero luogo Berlusconi fece una battuta seriamente infelice in un convegno pubblico ad una donna “Lei viene? E quante volte viene?”. Nonostante ciò innumerevoli donne applaudirono e successivamente votarono chi le aveva umiliate. Il secondo caso quello del prete ligure che affisse nella bacheca della sua chiesa le seguenti parole "Fate un esame di coscienza. Voi provocate gli istinti e vi andate a cercare i guai". Se in entrambi casi le donne fossero divenute popolo e avessero deciso, nel primo, di non applaudire e votare Berlusconi e, nel secondo, di non frequentare più quella parrocchia avrebbero dato un gesto grandissimo e sarebbero divenute popolo e avrebbero fatto impressione.

    Si parla spesso di femminicidio, ma in verità non esistono leggi importanti per poterlo fermare e spesso chi si appella alle istituzioni si trova di fronte una mentalità arcaica e maschilista e nonostante l’apparente tutela si trova a dover combattere una battaglia da sola sperando che il futuro non le riserbi uno spazio di cronaca in un giornale.

    Ogni liberazione è possibile solo se non si giustifica più l’odio, la violenza e l’ignoranza.

    federica sabbatini

    RispondiElimina