Mi capita ogni
tanto di andare in Francia. E di vedere i tanti immigrati che là risiedono. E
mi compiaccio nell’accorgermi che, nonostante gli enormi errori della politica
francese per l’integrazione e nonostante il vomitevole passato colonialista ed
imperialista della Francia, gli immigrati si sentono francesi. Sentono di appartenere
alla comunità francese, parlano francese meglio dei francesi, non pensano
lontanamente di nuocere alla nazione di cui fanno parte. Viene automatico
confrontare la tipologia d’immigrati che vivono lassù (ma anche in Spagna, nel Regno Unito, in
Germania, nei Paesi Scandinavi, nel Benelux), che hanno scelto di vivere in
Francia, che sono felici di far parte di quella grande nazione multietnica, con
i nostri, con gli albanesi (sia quelli d’Albania sia quelli di macedonia sia
quelli del Kosovo), i rumeni, i maghrebini che risiedono in Italia, nelle
Marche, a Fabriano. Da noi sono rarissimi gli immigrati che vivono qui perché amano
l’Italia. Quasi nessuno di loro, neanche i più giovani, si sente in qualche
modo parte della comunità italiana. Disprezzano quasi tutto del nostro modus vivendi, anche il nostro
patrimonio artistico, anche la nostra cucina. Sono e vogliono essere un corpo
estraneo nella comunità. Non si mescolano, ognuno è inserito soltanto nella sua
comunità d’origine. Viene aspramente criticato chi frequenta i fabrianesi;
esclusa e marchiata la donna che addirittura si fidanza o sposa un italiano. Perché sono qui
allora? Per diventare ricchi e basta. L’Italia, universalmente noto come il
Paese dei parassiti, degli evasori, dei criminali impuniti, del lavoro nero,
permette ancora ai furbacchioni di diventare ricchi. Lavorando in nero,
mantenendo l’Isee pari a zero o poco di più, vivono gratis perché riescono a
rientrare in ogni graduatoria del nostro surreale ufficio dei servizi sociali
che, senza operare alcun controllo, li aiuta per l’affitto, per le bollette,
etc. Approfittano di ciò che resta del nostro stato sociale e prendono il più
possibile da ogni dove, anche vestiti, calzature e mobili dalla Caritas, anche i
pacchi di alimenti dalla San Vincenzo de Paoli. Vivendo così questi immigrati
finti poveri riescono ad accumulare un discreto capitale che ovviamente spendono
nel proprio Paese d’origine, spesso comprando appartamenti, ville o aprendo
attività commerciali, etc. Mentre qui cercano di – uso la frase che m’è
capitato di ascoltare - “non dare soldi agli italiani”, cioè di consumare il
meno possibile. E’ infatti rarissimo incontrare un immigrato che, pur avendo
abbondanti anche se nascoste possibilità economiche, iscriva, ad esempio, i
propri figli in qualche società sportiva o porti la famiglia in gita per vedere
qualche città d’arte o faccia partecipare i figli alle gite scolastiche o vada
qualche volta in pizzeria o in trattoria! E’ chiaro che
c’è molto di sbagliato anche nell’Italia e negli italiani e sarebbe
estremamente interessante se questi temi venissero approfonditi dai sociologi.
Come mai l’Italia attrae quasi esclusivamente questa tipologia di migranti? E
come mai gli italiani non sono riusciti assolutamente ad integrare in questi
ultimi vent’anni? Mi ricordo quando nel 1995 organizzammo a Fabriano il primo
festival multietnico. Mi ricordo il nostro entusiasmo e la speranza che allora sembrava
realizzabilissima di contribuire, anche col festival, a creare una Fabriano
multietnica. Oggi, 17 anni dopo, possiamo dire di aver clamorosamente fallito.
Nessun commento:
Posta un commento