lunedì 18 marzo 2013

CORPO ESTRANEO, LO STRANO CASO DEGLI IMMIGRATI A FABRIANO, di Stefano Gatti



Mi capita ogni tanto di andare in Francia. E di vedere i tanti immigrati che là risiedono. E mi compiaccio nell’accorgermi che, nonostante gli enormi errori della politica francese per l’integrazione e nonostante il vomitevole passato colonialista ed imperialista della Francia, gli immigrati si sentono francesi. Sentono di appartenere alla comunità francese, parlano francese meglio dei francesi, non pensano lontanamente di nuocere alla nazione di cui fanno parte. Viene automatico confrontare la tipologia d’immigrati che vivono lassù  (ma anche in Spagna, nel Regno Unito, in Germania, nei Paesi Scandinavi, nel Benelux), che hanno scelto di vivere in Francia, che sono felici di far parte di quella grande nazione multietnica, con i nostri, con gli albanesi (sia quelli d’Albania sia quelli di macedonia sia quelli del Kosovo), i rumeni, i maghrebini che risiedono in Italia, nelle Marche, a Fabriano. Da noi sono rarissimi gli immigrati che vivono qui perché amano l’Italia. Quasi nessuno di loro, neanche i più giovani, si sente in qualche modo parte della comunità italiana. Disprezzano quasi tutto del nostro modus vivendi, anche il nostro patrimonio artistico, anche la nostra cucina. Sono e vogliono essere un corpo estraneo nella comunità. Non si mescolano, ognuno è inserito soltanto nella sua comunità d’origine. Viene aspramente criticato chi frequenta i fabrianesi; esclusa e marchiata la donna che addirittura si fidanza o sposa un italiano. Perché sono qui allora? Per diventare ricchi e basta. L’Italia, universalmente noto come il Paese dei parassiti, degli evasori, dei criminali impuniti, del lavoro nero, permette ancora ai furbacchioni di diventare ricchi. Lavorando in nero, mantenendo l’Isee pari a zero o poco di più, vivono gratis perché riescono a rientrare in ogni graduatoria del nostro surreale ufficio dei servizi sociali che, senza operare alcun controllo, li aiuta per l’affitto, per le bollette, etc. Approfittano di ciò che resta del nostro stato sociale e prendono il più possibile da ogni dove, anche vestiti, calzature e mobili dalla Caritas, anche i pacchi di alimenti dalla San Vincenzo de Paoli. Vivendo così questi immigrati finti poveri riescono ad accumulare un discreto capitale che ovviamente spendono nel proprio Paese d’origine, spesso comprando appartamenti, ville o aprendo attività commerciali, etc. Mentre qui cercano di – uso la frase che m’è capitato di ascoltare - “non dare soldi agli italiani”, cioè di consumare il meno possibile. E’ infatti rarissimo incontrare un immigrato che, pur avendo abbondanti anche se nascoste possibilità economiche, iscriva, ad esempio, i propri figli in qualche società sportiva o porti la famiglia in gita per vedere qualche città d’arte o faccia partecipare i figli alle gite scolastiche o vada qualche volta in pizzeria o in trattoria! E’ chiaro che c’è molto di sbagliato anche nell’Italia e negli italiani e sarebbe estremamente interessante se questi temi venissero approfonditi dai sociologi. Come mai l’Italia attrae quasi esclusivamente questa tipologia di migranti? E come mai gli italiani non sono riusciti assolutamente ad integrare in questi ultimi vent’anni? Mi ricordo quando nel 1995 organizzammo a Fabriano il primo festival multietnico. Mi ricordo il nostro entusiasmo e la speranza che allora sembrava realizzabilissima di contribuire, anche col festival, a creare una Fabriano multietnica. Oggi, 17 anni dopo, possiamo dire di aver clamorosamente fallito.

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